Sembrava destinato a passare l’emendamento firmato Calderoli-Bossi sui tagli al personale della Rai, eppure non è così. Una persuasiva mediazione da parte dell’Udc ha messo ieri in rilievo i danni di una strategia imprecisa, facendo ritirare l’emendamento. Quest’ultimo prevedeva un taglio del 20%, a partire dal 2011 fino al 2013, per i lavoratori non dipendenti Rai. Per il personale complessivo veniva, inoltre, stabilito un tetto del 25% rispetto alla cifra totale annua dei costi operativi della Rai. Dopo la notizia del ritiro, il segretario Pier Luigi Bersani, ha finalmente presentato la sua proposta di riforma della governance del servizio pubblico. I punti focali della proposta sono: la presenza di un ad “di garanzia”, indicato dal Tesoro (azionista) e designato con il voto dei due terzi del cda, al posto del dg,; pieni poteri dell’ad sulle nomine dei direttori di rete, di testata e del personale; 180 giorni di tempo per l’ad per presentare il piano industriale, editoriale e di bilancio. Non solo, i consiglieri, in tutto nove di cui uno anche ad, non dovranno avere avuto nei due anni precedenti alla loro carica incarichi di governo o di rappresentanza nei partiti: quattro verrebbero indicati dalla commissione parlamentare di Vigilanza, due dalla Conferenza delle Regioni e due dall’Anci (i Comuni). Incluse anche regole per il cda: in carica per sei anni, con potere di revoca sull’ad, si occuperà sì della gestione quotidiana dell’azienda, ma potrà intervenire solo sulle linee generali del piano editoriale, industriale del bilancio.
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