Un fenomeno che appare pressoché inarrestabile quello della pirateria audiovisiva, fotografato nell’ultima indagine Fapav/Ipsos. Leggermente in calo rispetto al 2018, ma sempre troppo presente, la pirateria ha registrato nel 2019 un’incidenza del 37% e circa 400mln di atti compiuti. I film restano i contenuti più “piratati”, con una quota pari all’84%, seguiti da serie e fiction (63%) e programmi (46%). Cresce, inoltre, l’accesso illecito ad eventi sportivi live, pari al 27%. Tante le modalità scelte dai pirati: app di messaggistica istantanea, social network e IpTv illegali. Si parla di un danno per l’economia italiana vicino all’1,1mld di euro, per un impatto negativo in termini di Pil di quasi 500mln e mancati introiti per lo Stato di circa 200mln. Nel 2019 l’industria audiovisiva ha subìto un danno economico pari a 591mln di euro con oltre 96mln di fruizioni perse. Secondo i ricercatori, “Pirateria spa” ha tolto il lavoro a quasi 6mila persone nell’ultimo anno. Tante le modalità scelte dai pirati: app di messaggistica istantanea, social network e IpTv illegali. Risultano meno pirati tra gli under15 (-8% rispetto al 2018 assestandosi al 39%), ma più attivi: gli atti illegali sono quasi 40mln rispetto ai 31 registrati nel 2018.
2020: i pirati del lockdown. Che il fenomeno non accenni a fermarsi, però, lo si può dedurre anche dai dati emersi dai primi mesi del 20202: nei due mesi di lockdown la percentuale di pirati è arrivata al 40%, contro il 37% riferito a tutto il 2019, così come è cresciuto il numero di atti illeciti, da 69mln nel bimestre medio del 2019 a 243mln nel bimestre di quest’anno. “Durante il lockdown la forzatura casalinga ha portato circa un 10% a commettere per la prima volta un atto di pirateria, di questi circa il 5% tramite Iptv illecite”. Quasi raddoppiati, inoltre, gli utenti delle IpTv illegali che scelgono di condividere o passare ad abbonamenti illegali già in essere. C’è, però, un lato positivo: “La buona notizia è la crescita, stimata in circa 8%, di nuovi abbonati a piattaforme ufficiali on demand, di questi il 76% dichiara di voler continuare a utilizzare questi servizi anche in futuro”.
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