La concessionaria di Discovery lancia un nuovo branded content in collaborazione con Campari: a partire da oggi sarà on air, in prima tv, su DMax (canale 52 Dtt, 136-137 Sky, 28 TivùSat) il nuovo talent show dedicato al mondo del bartending “Mixologist – La sfida dei cocktail”. Il progetto è supportato da una campagna con declinazioni on air, digital e social. Lo show, prodotto da Yam112003, nel corso di sette puntate (sei eliminatorie + una finale) vedrà i top bartender Flavio Angiolillo e Leonardo Leuci attraversare l’Italia per individuare l’aspirante barman più talentuoso, che si aggiudicherà un percorso di formazione esclusivo presso la Campari Academy, scuola professionale dove apprendere l’arte del bartendering: un training personalizzato realizzato da Salvatore Calabrese, uno tra i dieci migliori bartender al mondo. In ogni episodio si approfondirà un tema diverso: i grandi classici italiani a Milano, atmosfere tropicali a Bologna, aperitivi frizzanti a Padova, bere vintage a Torino, sperimentazioni molecolari a Roma e fashion drink a Bari. L’ultima puntata sarà presieduta dallo stesso Calabrese. “Mixologist – la Sfida dei Cocktail” è promosso da varie iniziative sulle piattaforme tv, digital e social di DMax al fine di stimolare il coinvolgimento del pubblico e far conoscere i contenuti e i valori di marca espressi dal programma. Il digital contest, oggetto di una campagna adv online ad hoc sul sito DMax.it, sarà inoltre promosso su tutte le piattaforme social di DMax e Campari attraverso attività integrate. Intanto, Giuliano Cipriani, vicepresidente di Discovery Italia e dg di Discovery Media, intervistato da “Il Sole 24Ore”, ha ribadito la centralità della televisione e il proprio «moderato ottimismo» sul futuro della pubblicità nel mercato tv. Per quanto riguarda Discovery Media, in particolare, i 122mln di euro raccolti nel 2013 dovrebbero registrare un +25% a fine 2014. Secondo Cipriani, tuttavia, esiste ancora un pericolo, quello della «guerra dei prezzi da parte di alcune concessionarie». Sarebbe opportuno avviare un confronto schietto su questa problematica, anche perché «la pubblicità fa bene e consente agli editori di trasmettere contenuti di qualità. Non valorizzarla abbassa la qualità e il pluralismo editoriale».
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