Rivedere gli obblighi degli operatori italiani in termini di quote di investimento per le opere italiane ed europee, così come gli obblighi a favore del cinema italiano. È quanto ha chiesto Mediaset nella memoria depositata il 31 gennaio in Commissione Cultura alla Camera da Stefano Selli, direttore delle Relazioni Istituzionali. Il testo, anticipato da Il Fatto quotidiano e disponibile qui, propone una serie di modifiche al Testo Unico sui Servizi Media Audiovisivi (Tusma), approvato dal Consiglio dei ministri il 19 dicembre e che ora dovrà ricevere l’ok definitivo.
QUOTE: LE RICHIESTE DI MEDIASET
Mediaset chiede di ridefinire le quote europee in materia di programmazione e investimento (relative agli operatori non di servizio pubblico, naturalmente). In particolare, si chiede di calcolare in maniera diversa la quota riservata alla produzione indipendente, oggi pari al 12,5% degli introiti netti annui. Il gruppo suggerisce di calcolarla invece sul «bilancio destinato alla programmazione» e di valutare in tale quota anche «i costi di edizione italiana e doppiaggio di opere originarie di altri Stati membri dell’UE e dei costi di promozione di ciascuna opera». Mediaset sottolinea che il calcolo sugli introiti non è previsto dalla normativa europea, ma è «frutto di una mera scelta interna» dello Stato italiano. Secondo Mediaset la norma attuale limita proprio la capacità di destinare le risorse alla produzione indipendente ad aspetti diversi della programmazione (come l’innovazione tecnologica) e incide «sulla redditività e sulla sostenibilità economica» degli stessi fornitori di servizi media audiovisivi). Il sistema basato sui ricavi, inoltre, «non tiene in considerazione eventuali difficoltà finanziarie e gestionali delle singole società».
UN’ALTRA DEFINIZIONE DI INVESTIMENTO
Mediaset suggerisce inoltre di modificare la stessa definizione di investimento, ampliandola al «costo che comprende gli importi corrisposti a terzi per l’acquisto dei diritti e l’utilizzazione delle opere, i costi per la produzione interna ed esterna e gli specifici costi di promozione e distribuzione, nonché quelli per l’edizione e le spese accessorie direttamente efferenti alle opere europee ed italiane». Tale definizione, sottolinea Mediaset, «riproduce testualmente quanto previsto quanto previsto dall’articolo 14 dello schema di contratto di servizio della Rai».
CINEMA, NO AI NUOVI FILM
Altro elemento riguarda gli obblighi nei confronti del cinema italiano (investimento degli introiti netti annui da riservare a opere cinematografiche italiane). Mediaset chiede di ridurre la quota dall’attuale 3,5% all’1,75% e soprattutto di eliminare la sotto quota del 75% riservata alle nuove opere cinematografiche, ovvero quelle risalenti agli ultimi cinque anni (o, in alternativa, ampliarla «ad altre forme di produzione audiovisiva»). Tale sotto quota non sarebbe compatibile con l’introduzione di un’ulteriore sotto quota (art. 54, comma 2), che prevede di destinare a opere audiovisive italiane almeno la metà delle quote di investimento. Inoltre, introduce «significativo elemento di rigidità a carico dei soggetti tenuti, anche considerato il consistente ridimensionamento subito, negli ultimi anni, dalla distribuzione e dalla fruizione di film in sala».
SANZIONI
Mediaset chiede che eventuali mancanze in tema di obblighi possano essere recuperate nell’arco del triennio successivo, invece che in un anno (in linea, questo, con la segnalazione di Agcom). Si chiede inoltre una riduzione delle sanzioni previste, attualmente fissate tra 100 mila e un milione di euro e che secondo Cologno Monzese presenterebbero «profili di incostituzionalità e incompatibilità con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo». Mediaset propone una cifra che va dai 30mila ai 600mila euro.
LE ALTRE PROPOSTE
Le altre richieste Mediaset riguardano diversi aspetti della gestione del complesso mondo televisivo, come le modifiche alla definizione di telepromozione e autopromozione. Sempre nell’ambito degli obblighi di investimento e quote di riserva, si chiede di eliminare la parte dedicata ai “servizi radiofonici”, non essendo «applicabile». Sono presenti proposte nell’ambito della tutela dei minori: da una parte, si chiede che sia solo Agcom (e non anche il ministero della Famiglia) a valutare eventuali sanzioni e codici di condotta. Inoltre, si propone di applicare la fascia protetta ai soli canali generalisti lineari, in virtù proprio del cambiamento «dell’attuale articolazione dei servizi di media audiovisivi, anche rivolti ai minori», e la difficile praticabilità di una fascia protetta nei canali tematici lineari e non lineari.
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