I dazi americani potrebbero impattare in maniera diretta sull’hardware e i media fisici e indirettamente attraverso la pressione economica. Al momento, sono stati messi in pausa per 90 giorni dal presidente Trump, con conseguenze sui mercati. Negli stessi giorni, Ampere Analysis ha elaborato un paper sugli impatti che potrebbero avere sul mercato media. Un impatto che sarà diretto per gli americani, mentre i mercati internazionali ne subiranno le conseguenze in maniera diversa.
L’IMPATTO SULL’HARDWARE
Uno dei segmenti chiave dell’industria entertainment a subire le conseguenze dei dazi sarà quello dell’hardware (televisori, chiavette per lo streaming, riproduttori Blu-ray, smartphone e tablet). Gli americani importano infatti la maggior parte dei televisori da Cinema e Messico, mentre Amazon e Roky producono le loro streaming stick in Cina. L’aumento dei costi si rifletterà dunque sui prezzi pagati dai consumatori americani, con effetti sul «rallentamento delle vendite e allungamento dei cicli di sostituzione dell’hardware». Allo stesso tempo potrebbero perdere quote di mercato, o margini, i costruttori di televisori di alta gamma, nel momento in cui i consumatori dovranno spostarsi su mezzi a costo inferiore.
CONSUMI E PUBBLICITÀ
Ci potrebbero essere conseguenze anche sui media commerciali (che proprio in questi mesi stanno lavorando agli Upfront, la presentazione dell’offerta agli inserzionisti). Secondo i dati Ampere, segmenti come cibo&bevande, automotive e viaggi contribuiscono con oltre 70 miliardi di dollari al mercato pubblicitario statunitense tra televisioni commerciali e servizi streaming. Ora tale contribuito potrebbe venire ripensato. Da non dimenticare, poi, le conseguenze sul costo della vita dei consumatori americani, che potrebbe avere un impatto diretto sulla capacità di spesa per i prodotti media. «Potenziali effetti potrebbero causare un’ulteriore calo nella penetrazione della pay tv negli Usa, maggiori tassi di disdetta e un ulteriore passaggio verso servizi meno costosi, con pubblicità, come Netflix o Disney+».
LO SPORT: SALVI I CONTRATTI IN ESSERE
Connesso alla pubblicità c’è il mercato dei diritti sportivi: «se le tariffe si traducessero in una flessione a lungo termine della spesa pubblicitaria negli Stati Uniti, potrebbero avere un impatto sulla capacità dei broadcaster di investire maggiormente nei diritti in futuro». Il mercato sportivo sarà però relativamente protetto dai contratti a lungo termine siglati negli anni precedenti (si pensi, per esempio, all’accordo tra NBA, Prime Video, Disney e NBC, valido fino al 2036). Ampere Analysis non si aspetta variazioni in termini di partecipazione agli eventi sportivi e quindi acquisto di biglietti («la richiesta di biglietti resta generalmente alta»), ma potrebbero esserci problemi per i rinnovi di contratti di sponsorship (gli analisti ipotizzano si cercheranno contratti a breve termini e flessibili, laddove possibile). L’automotive e l’abbigliamento – ricorda Amepere– sono due dei settori maggiormente impattati dai dazi e rappresentano insieme il 14% della spesa in sponsorizzazioni negli Usa.
LA PRODUZIONE AUDIOVISIVA
Da non dimenticare, poi, il mercato della produzione audiovisiva. La pressione inflattiva potrebbe spostare ulteriormente produzioni sui mercati internazionali (una tendenza in atto già da almeno cinque anni, come ricordano gli analisti, visti i costi del mercato americano della produzione di contenuti). Quindi, l’inflazione interna potrebbe incentivare ulteriori spostamenti della produzione fuori dagli Usa, «anche se ciò dipenderà dalla stabilità del dollaro».
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