Il presidente USA Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per eliminare i fondi federali destinati a PBS e NPR, ovvero la radio e la tv pubbliche americane. L’ordine è diretto alla Corporation for Public Broadcasting, l’ente che gestisce le due reti. L’ordine, riporta CNN, impone di chiudere i fondi diretti ai servizi pubblici americani «nella misura massima consentita dalla legge e deve rifiutarsi di fornire finanziamenti futuri». Inoltre, si ordina di adottare misure per minimizzare o eliminare finanziamenti indiretti. Corporation for Public Broadcasting ha già fatto causa all’amministrazione Trump per aver tolto dal board tre dei suoi consiglieri. La Ceo di CPB, Patricia Harrison, ha dichiarato che è il congresso ad autorizzare e finanziare direttamente l’azienda, che è indipendente dal governo federale. Secondo i dati CNN, ogni anno eroga 535 milioni di dollari di fondi alla tv e radio pubbliche, che forniscono accesso gratuito e universale a notizie, avvisi di emergenza e un’ampia gamma di programmi.
Ma la politica MAGA (Make America Great Again) non si ferma qui: Trump ha annunciato di aver dato incarico di studiare dazi pari al 100% per i film prodotti al di fuori degli Stati Uniti. Sarebbe questa, per il presidente, la cura per l’industria cinematografica americana che sta andando incontro a una “morte veloce” a causa – a suo dire – degli incentivi offerti dagli altri Paesi. «È uno sforzo concertato da parte di altre nazioni e, pertanto, una minaccia alla sicurezza internazionale», ha dichiarato. Non è chiaro, riporta Reuters, come verrebbero applicate queste tariffe, se ai film destinati alla sala cinematografica, ai servizi streaming o calcolati in base dei costi di produzione o box office. Secondo ProdPro, nel 2023 la metà della spesa per film o progetti tv di produttori americani con budget superiori ai 40 milioni di dollari è stata realizzata al di fuori degli Usa. Gli incentivi alla produzione creati dai vari Paesi hanno contribuito ad alimentare l’industria audiovisiva internazionale. Gli incendi di gennaio a Los Angeles hanno accelerato un declino già in atto nell’audiovisivo Usa: FilmLA, società non profit, stima infatti che la produzione nella città sia calata del 40% nell’ultimo decennio. Per cercare di recuperare, il governatore della California aveva recentemente proposto un incremento degli incentivi statali per competere con altre location. Nel frattempo, non sono ancora stati annunciate le strategie dei tre “ambasciatori speciali”, ovvero Sylverster Stallone, Mel Gibson e Jon Voight, scelti da Trump proprio per “salvare” l’industria cinematografica americana. L’annuncio ha lasciato perplessi gli addetti ai lavori americani: come verranno imposti questi dazi? Si chiede Variety. Per le precedenti decisioni Trump ha evocato l’International Emergency Economic Powers Act, che dà al presidente ampi poteri per regolare il commercio internazionale in caso di emergenza nazionale, ma Variety ricorda che i film non sono dei beni e come tali non sono soggetti a dazi. E quale parte del processo produttivo, si chiede la testata, verrebbe sottoposto ai dazi? «Se Disney fa un film all’estero, non lo importa per se stessa», sottolinea Variety. La decisione di Trump, inoltre, verterebbe solo sul cinema, ma anche la produzione televisiva è cresciuta all’estero.
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