Lo stop alle produzioni audiovisive in Danimarca è un caso che dovrebbe essere valutato con attenzione. “Siamo fregati” (ma le parole sono state ben più dure): così ha esordito Lars Hermann, Executive Producer e COO della società di produzione danese Apple Tree (Blackwater), intervenuto al MIA-Mercato internazionale dell’audiovisivo per il panel Something is rotten in the State of Denmark, proprio per commentare la difficile situazione dell’audiovisivo nel Paese.
LO STOP ALLE PRODUZIONI
Da gennaio, tutte le produzioni nel Paese sono sospese a causa del mancato accordo tra i produttori e Create Denmark, l’associazione che oggi rappresenta i sindacati di attori, sceneggiatori e registi. Una perdita per il settore che vale oggi almeno 200 milioni di euro e potrebbe peggiorare se non si troverà un accordo.
UNA TRATTATIVA SOVRASTIMATA
“Tutto è iniziato cinque anni fa, quando Create Denmark ha chiesto ad autori e sceneggiatori di trasferire loro la negoziazione dei diritti di sfruttamento streaming digitali”, ha raccontato Hermann. E se per i primi anni la situazione ha funzionato (i produttori negoziavano con l’associazione per poi portare il contratto agli streamer), questa sarebbe poi precipitata. Create Denmark vorrebbe infatti negoziare diritti incrementali, sulla base del successo di una produzione sulle piattaforme, cosa non possibile, secondo Hermann, intanto perché non è chiaro su quali parametri possa essere valutato questo incremento e soprattutto perché i produttori si accordano con i committenti su un budget fisso. “Senza un prezzo fisso (sui diritti) per noi produttori non è possibile valutare quanto costi uno show”, e di conseguenza negoziare con i committenti/streamer .
Hermann fa mea culpa in rappresentanza della categoria: “Anche noi produttori abbiamo sovrastimato quanto gli streamer volessero pagare per i contenuti danesi”. Ma evidentemente l’escalation dei prezzi ha trovato il suo limite. Il produttore parla di “avarizia”: “Tutti pensavano che gli streamer avrebbero continuato a crescere. Il solo limite è il cielo, si dice, ma non è così”. Va considerato inoltre che dal 2024 gli streamer dovranno pagare una tassa pari al 6% del fatturato per adempiere agli obblighi di investimento europei. Il produttore ha giudicato tale obbligo la tassa la “peggiore d’Europa”, perché mette sullo stesso piano chi già sta investendo e chi non lo ha mai fatto: argomento che la moderatrice dell’incontro, Alexandra Lebret, Manging Director di EPC – European Producers Club, ha preferito non commentare: “Abbiamo lottato tanto per le quote”. Oggi in Danimarca circola una petizione per chiedere di risolvere lo stallo e già firmata da 2mila professionisti: “Si deve trovare un compromesso”. Al momento, solo alcune produzioni di Viaplay sono state attivate, in virtù di un accordo temporaneo.
LE CONSEGUENZE DELLA SCARSA TRASPARENZA
Due i convitati di pietra a questo panel: Create Denmark (sarebbe stato interessante avere il loro punto di vista) e gli stessi streamer. Non si può ignorare infatti che l’assenza di dati circa il successo di uno show ha fatto sì che si potesse pensare di alzare la posta. Anche perché, come qualcuno ha commentato in sala, se ogni show è comunicato come un successo e non si sa quale tipo di pubblico lo ha effettivamente guardato, ci si potrebbe sentire legittimati a chiedere di più. Si torna dunque a parlare di metriche e non è un caso che Netflix abbia annunciato ieri – insieme al lancio del pacchetto Base con pubblicità – anche l’accordo con Nielsen per le audience, necessario per garantire agli inserzionisti la “bontà” del traffico.
Il mercato streaming, d’altro canto, sta cambiando velocemente: la corsa ai contenuti serve non tanto ad incrementare gli abbonati, quanto a mantenere quelli che già ci sono. E anche siamo di fronte a una altissima richiesta di nuovi titoli, con talent (dietro e davanti la macchina da presa) sempre più richiesti e quasi inaccessibili, le opportunità di investimento non sono illimitate (si veda, per esempio, lo stop alle produzioni sempre nei paesi nordici parte di WarnerBros. Discovery a seguito della riorganizzazione post fusione).
La Danimarca è un mercato relativamente piccolo rispetto ad altri in Europa (ma ha dato ai natali al Nordic Noir, insieme agli altri territori del Nord Europa), quanto sta accadendo oggi non andrebbe sottovalutato: ogni trattativa può fare scuola nella streaming arena.
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