Il grande vantaggio di portare progetti nazionali a un pubblico globale grazie agli streamer comporta una maggiore attenzione dal punto di vista legale, onde evitare di incappare in scene potenzialmente “pericolose” in altri Paesi (per esempio rappresentare azioni vietate altrove). Così, la production clearence (la revisione legale dei contenuti audiovisivi che serve a identificare sin dalla fase di pre-produzione tutti i potenziali problemi giuridici di un progetto audiovisivo) ha trasformato gli avvocati in analisti del rischio, assicuratori. «È fondamentale che questo passaggio si inserisca già nel processo di sviluppo, se non addirittura in fase di attivazione», dichiara Cualbu (Grøenlandia). «Il legal dà consigli che non devono impattare sulla natura del progetto, ma contemperare il rischio e fare valutazioni anche sotto il profilo narrativo», spiega.
Quanto si deve spingere, dunque, la clearence? Morelli (The Apartment) usa la metafora del processo, dove il giudice è il produttore: «Il difensore direbbe: stiamo realizzando un titolo per la tal piattaforma, che lo trasmetterà in tot Paesi; serve dunque una manleva per evitare ogni problema di ordine legale e mantenere immune la piattaforma». Sul banco dell’accusa, invece, ci sono il budget (non è oggettivamente fattibile pagare consigli legali per le giurisdizioni di 195 Paesi, o implementare in una sceneggiatura tutte le possibili varianti) e naturalmente la creatività. «Per tracciare una linea, la mia soluzione si basa su questo assunto: chi viene offeso in un suo diritto di norma fa causa nel suo Paese di residenza o in quello del produttore, quindi è opportuno fare una review legale del Paese del produttore e in quello in cui risiedono le persone che potrebbero avere potenzialmente qualcosa da ridire. Si lascino invece alla piattaforma le valutazioni sulle varie opportunità, anche politiche». Fa eco Ca’ Zorzi (Fandango): «Credo che il lavoro del produttore sia quello di trovare un equilibrio tra l’evitare i grandi rischi (economico, per esempio, che potrebbe tradursi un sequestro, o azioni cautelari o “reputazionali” importanti), consiglio legale, budget e soprattutto la creatività. Però, quando si ha a che fare con talent di un certo calibro il “NO” non è ammesso».
L’avvocata Abate interviene “a favore” della clearence: «Il tema sono le garanzie contrattuali che la controparte (la committenza, ndr.) chiede. Se vogliono un prodotto completamente cleared si deve tenere conto di quelle che possono essere le conseguenze di una scelta che tende a privilegiare quanto è sacrosanto, ovvero il diritto dell’autore e della espressione artistica». C’è poi tutto il tema delle storie ispirate a fatti e personaggi reali (cronaca o politica), sempre più richieste. L’avvocata Ponti spiega: «È fondamentale, quando si chiamano le persone con nome e cognome, essere fedeli a quanto è accaduto o rispettare il principio che mai si possono raccontare cose diffamatorie quando non sono sostenute da fatti verificabili. Se devo trarre una conclusione è fondamentale che, se i fatti non riguardano una persona pubblica, essi siano sorretti da fonti incontrovertibili, soprattutto se implicano connotazioni negative». «La parte più scivolosa avviene quando questi due mondi (quello creativo e la cronaca, ndr.) si incrociano. È fondamentale il coinvolgimento del professionista legale alla base, sin all’inizio», conferma Olivo.
(L’articolo completo è stato pubblicato su Tivù di novembre 2023, scarica il numero o abbonati qui)
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