Se la produzione audiovisiva americana, e in particolare quella di Hollywood, è in crisi, lo è ancora di più il settore dell’animazione. Gli incentivi fiscali hanno permesso la crescita della produzione audiovisiva internazionale, lasciando fuori chi ne è rimasto escluso: non è l’ideologia MAGA di Trump, ma le evidenze di un rapporto realizzato da CVL Economics per la Animation Guild, l’associazione dei professionisti dell’animazione statunitense. Il rapporto, dal titolo, Reclaiming California’s Role In Global Animation, mette in luce come l’esclusione dell’animazione tra i progetti elegibili per il tax credit per il cinema e la tv in California stia ulteriormente aggravando il mercato audiovisivo dello Stato, favorendo altri hub produttivi. “Il sistema”, si legge nel rapporto, “favorisce i format tradizionali di live action, escludendo i progetti VFX e animazione, creando uno svantaggio competitivo, nonostante gli ampi margini di crescita”. Ed è un dato ancora più sconcertante, dicono gli autori, se si considera che qui è nato il primo film di animazione, Biancaneve e i sette nani di Walt Disney, nel 1937.
IL RUOLO DEGLI INCENTIVI
Secondo i dati, il mercato globale dell’animazione pare destinato a raddoppiare il giro d’affari, passando da 413 miliardi di dollari nel 2024 a 898 miliardi nel 2034. L’animazione, spiega il rapporto, non coinvolge solo il settore entertainment, ma anche il gaming, la formazione, la salute, la manifattura. “Diversamente da altri Stati americani e numerose località internazionali, la California ha storicamente escluso l’animazione di suoi schemi di incentivi per il film e la televisione. Manager dell’industria indicano questo come principale fattore decisionale per una produzione, con il 93% di essi che considera gli incentivi fiscali tra le prime tre principali misure di controllo dei costi”.
Fonte: Reclaiming California’s Role In Global Animation, CVL Economics
Tra il 2010 e il 2023, la California ha perso il 40% delle quote di mercato dei 10 primi film di animazione per box office. Dal 2019 i posti di lavoro nell’animazione sono calati del 4.7%, a fronte di una crescita di altri territori, come British Columbia (+71.6%), New York (+18.4%), Ontario (+12.9%). Attualmente lo stipendio medio orario per posizioni nel settore animazione è di 48,87 dollari l’ora, un compenso ben superiore alla media e che ha contribuito a creare un ampio ecosistema. Per esempio, un titolo come Moana (produzione The Walt Disney Company) può generare 817 posti di lavoro, 87 milioni di dollari in termini di salari e 178 milioni di dollari nel Pil della California. “Ma quando Disney ha scelto gli studi di Vancouver come sito principale per la produzione di Moana 2, buona parte dell’impatto economico se ne è andato con loro”.
LA CRESCITA ESCLUDE LA CALIFORNIA
Dal 1990 gli impieghi nei settori animazione, effetti visivi e post-produzione sono crollati del 58% dal 1990, il 65% solo nella contea di Los Angeles. L’animazione, dice il rapporto, vale il 5% di tutti i contenuti commissionati a livello globale. Tra il 2019 e il 2024 le commissioni di produzione di animazione sono cresciute del 54%, una crescita dovuta anche alla domanda delle audience adulte, dato che l’animazione destinata al pubblico adulto vale il 41% delle commissioni di produzioni animate del 2024 (+26% pre-pandemia). Ma a giovare di questa crescita non sarebbe la California. “Tutti i Paesi in cui i governi sono intervenuti estendendo il tax credit all’animazione (come Canada, Irlanda e Australia) hanno visto raddoppiare le commissioni”. Mentre l’animazione cresce, gli Usa sono stati il solo territorio a subire un calo delle commissioni tra il 2020 e il 2024: -17%. Al contrario, il Giappone è cresciuto del 123%.

L’aumento delle commissioni internazionali dei principali committenti (Fonte: Reclaiming California’s Role In Global Animation, CVL Economics)
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