Quali sono gli aspetti in comune tra le esperienze dei produttori in Europa durante i mesi del lockdown e quali invece le differenze? Se ne è parlato nel webinar organizzato dal Mia – Mercato internazionale dell’audiovisivo dal titolo European Plans to Rebuild the Tv Industry. All’incontro hanno partecipato – condividendo le esperienze dei rispettivi Paesi e organizzazioni, Elena Lai, Segretario Generale del Cepi (European Audiovisual Productions Association); Filip Bobinski, Ceo della ceca Dramedy Productions, Dariuz Jablonsky, Ceo di Apple Film; Nicola Soderlund, socio e Managing Partner di Eccho Rights; Nicola De Angelis (Ceo di Fabula Pictures), Thomas Saignes, a capo del dipartimento internazionale della francese Cineteve e Ran Tellem, responsabile dello sviluppo di contenuti internazionali di Mediapro Studios. Tra punti di vista differenti e problematiche comuni, ecco cosa è emerso. Audiovisivo in cerca di fondi. Secondo Cepi, oltre il 66% delle società in Europa ha dovuto fermare del tutto le produzioni e con esse i contratti di terze parti, con un effetto domino che va oltre l’audiovisivo. Questa crisi avrà ripercussioni sulle società nel lungo periodo. Servono strumenti di garanzia: la maggior parte delle società non vuole prestiti, ma cash flow; l’86% delle imprese AV oggi chiede sussidi perché potrebbe non sopravvivere oltre i prossimi sei mesi. E non si parla solo delle realtà più piccole. Emergenza assicurazioni. Per aiutare le produzioni a tornare al lavoro, queste devono essere protette nel caso di una seconda ondata di Covid: in Francia e Austria sono stati allocati fondi (rispettivamente da 50mln e 25mln di euro), ma non si tratta di assicurazioni vere e proprie. Molti Paesi membri si stanno muovendo per aiutare le società, ma non basta, serve l’intervento dell’Unione europea. Diverso invece il caso della Svezia che, senza lockdown e con coperture assicurative, ha continuato a produrre. La Polonia riparte con cautela. Secondo Dariuz Jablonsky il covid ha mostrato una forte debolezza del settore, ovvero l’inesistenza di aiuti per la maggior parte dei lavoratori coinvolti: “stiamo lavorando a una forma di assistenza sociale nel caso di una seconda ondata della pandemia a questo proposito”. A marzo sono state bloccate circa 160 produzioni, ma ora molte aziende stanno tornando sui set, con tutti i rallentamenti del caso dovuti all’implementazione delle misure di sicurezza: “si gira meno, ci si deconcentra, ma sono abbastanza ottimista che siano ostacoli recupereremo”. Distribuzione. Secondo Nicola Soderlund, il mondo della distribuzione è stato meno colpito rispetto a quello delle produzione, semplicemente perché i distributori avevano contenuti da vendere per riempire i palinsesti. “Mi aspetto però che l’estate sarà per noi più difficile, perché i broadcaster sfrutteranno le repliche e le library, ma la domanda crescerà in autunno”. Ma non solo, “I Paesi usciti per primi dalla pandemia saranno più avvantaggiati perché, avendo ricominciato prima a produrre, potranno vendere per primi”. Quali generi nel futuro. Tra contenuti light (che sembrerebbero ora i maggiormente richiesti) e modifiche forzate alle sceneggiature (scene con meno attori, per esempio) un genere che potrebbe trovare una maggiore spinta è quello dell’animazione, che non dovendo affrontare il nodo riprese, potrebbe reagire più velocemente. © RIPRODUZIONE RISERVATA In caso di citazione si prega di citare e linkare tivubiz.it