Se i grandi temi narrativi sono universali, è compito del racconto seriale trovare nuovi punti di vista e formule per diversificare, dare spazio alle nuove voci che cercano e vogliono emergere raccontando il loro modo di vivere e relazionarsi. E, come accade in quello che è il mantra della serialità globale esplosa con l’on demand, questo si esplicita nella chiave del racconto locale che diventa universale. Nell’assolata Riccione della prima edizione dell’Italian Global Series Festival (21-28 giugno), pare esserci un trait d’union tra i racconti dei protagonisti di alcune delle serie presentate in queste giornate. Questa mattina, per esempio, pur con le diversità di nazionalità, racconto e genere, i protagonisti di Noi del Rione sanità, Gassal e Extra sono in qualche modo giunti alla medesima conclusione.
In Noi del Rione sanità (produzione Rai Fiction, MAD Entertainment), liberamente ispirato al di don Antonio Loffredo (presente in sala) il regista Luca Miniero ha per esempio parlato del rapporto con il suo direttore della fotografia, figlio di una generazione «digitale», che ha contribuito a restituire un’immagine di Napoli insieme favolistico e realistico (in quanto si ispira a storie vere). «Questa è una storia che racconta vite di persone reali, nonostante il racconto non sia realistico», ha spiegato. E poi l’attenzione ai giovani, protagonisti della serie e del cambiamento del Rione: «I giovani sono come uccelli migratori, sanno dov’è la primavera», ha spiegato don Antonio.
Ha cercato un racconto diverso all’interno di quel fenomeno della serialità turca che ha invaso i palinsesti internazionali la dramedy Gassal (Zera Medya) è attualmente in lavorazione la terza stagione): «L’obiettivo era far vedere la vera cultura della Turchia; tema oggetto anche di un grande dibattito nel Paese», ha raccontato il regista Selcuk Aydemir. Ahmet Kural, il protagonista, ha ribadito: «Ho voluto lavorate a questo progetto perché si parla di solitudine e morte (il protagonista è un lavatore di cadaveri, ndr.), argomenti universali. Inoltre, in un mondo “inflazionato” di serialità, anche di titoli turchi, se un attore vuole differenziarsi deve scegliere storie di nicchia come questa».
Una tematica finora poco esplorata è infine quella raccontata in Extra., che mette al centro il rapporto tra sessualità e disabilità. La protagonista è la direttrice di un coro di disabili che si batte per il loro accesso alla sessualità. La protagonista Anne Girouard: «Non mi ero mai posta il problema della relazione tra sessualità e disabilità. Per me è stata tutta una scoperta; mi sono servita della mia mancanza d’esperienza per applicarla al mio personaggio».
LA FORZA E LA FALLACIA DELLA PRIMA PERSONA
Protagonista dell’ultima Masters of Storytelling del Festival è stata Caroline Kepnes, autrice di You, diventata poi una serie di grande successo su Netflix. Una delle sfide più importanti per la serie è stata quella di rendere quella prima persona con cui il romanzo viene narrato, una prima persona che serve per far entrare il lettore nella mente dello stalker e assassino Joe, convinto invece di essere l’ultimo dei romantici. «La prima persona ci aiuta a capire meglio, mentre “you”/tu (che è il titolo del libro) dà invece l’idea che qualcuno sia interessato a te». Ed è qui che scatta l’inganno di Joe, perché «nonostante si rivolga all’altro, l’attenzione è solo su se stesso, senza comprendere le conseguenze delle sue azioni sugli altri». Nel passaggio da libro a serie, Kepnes dichiara di essersi concentrata sulla «trasposizione emotiva» piuttosto che sui luoghi o le scene specifiche e «Greg Berlanti e Sara Gamble (che hanno lavorato all’adattamento) sono stati davvero bravi a restituire quella che è il mio punto di vista».
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