Aldo Romersa (WBD): sguardo sulla contemporaneità

Dalla sfida generalista di nove alla conferma e rafforzamento dell’offerta verticale maschile. Ne parla Aldo Romersa, Vp Programming Wbd Italy
Aldo Romersa, Vp Programming Wbd Italy (©WBD)

Impossibile non partire dalla grande notizia del telemercato. Mi racconta, in breve, che tipo di palinsesto troverà al suo arrivo Amadeus e quale sarà la sua “mission”?
Amadeus avrà un ruolo centra- le nell’ulteriore sviluppo di Nove. Approda su una rete cresciuta con regolarità nel corso degli anni e che oggi è ottavo canale nazionale e settimo sul target commerciale, ma che ha ancora bisogno di imprimersi nelle abitudini d’ascolto degli spettatori. Sarà quindi fondamentale la sua presenza quotidiana con Identity, per sei giorni la settimana e oltre 200 puntate: un ulteriore tassello con cui Nove cercherà di essere ogni giorno un riferimento del pubblico “generalista”. Anche Maurizio Crozza e Fabio Fazio han- no fatto molto per la memorabilità dei nostri appuntamenti: i loro pro- grammi sono da sempre associati a degli slot specifici, Crozza il venerdì, Fazio la domenica. Cerchiamo di essere imperdibili ogni sera, e la prossima stagione continuerà il grande lavoro sull’identità di questo canale, un’identità che si è andata costruendo cercando un mix il più possibile equilibrato fra l’innovazione e integrazione di prodotto.

Mi spieghi meglio.
L’innovazione di prodotto è quella che sotto la spinta di Laura Carafoli abbiamo fatto internamente, per esempio lavorando sulla comicità originale con Only Fun e Comedy Match, o sui successi che grazie a Gabriele Corsi e Paolo Conticini hanno contraddistinto il nostro access, Deal With It, Don’t Forget the Lyrics e Cash or Trash; puntando su una proposta che raccontasse la vita del Paese, anche politica, affiancando a Fratelli di Crozza e Che tempo che fa le firme di Sommi, Travaglio e Scanzi in Accordi & Disaccordi; investendo sulla modernità del linguaggio della nostra documentaristica, o sul racconto del territorio di Francesco Panella. Accanto a questa linea di innovazione di prodotto, abbiamo lavorato all’integrazione di programmi e di talent che potessero essere coerenti, diciamo così, alla nostra esigenza di essere distintivi. Per un certo periodo il claim di Nove è stato “unico nel suo genere”, ed è proprio questa la cifra che abbiamo ricercato anche nei fuoriclasse che il gruppo guidato da Araimo ha saputo coinvolgere. Crozza non ha eguali in Italia nella sua capacità di mettere insieme monologo e maschera; Fazio ha saputo trasformare un programma televisivo in un appuntamento identificativo per una grandissima community senza perdere spettatori passando da Rai a Nove. Lo stesso Amadeus, nella sua carriera, ha portato programmi già conosciuti a risultati d’ascolto mai raggiunti in precedenza.

Cosa manca, ancora, al perfeziona- mento dell’identità di Nove?
In questa stagione la richiesta del pubblico è stata chiara: più produzioni originali, che distinguessero ogni nostro prime time. Per questo pensiamo di ridurre l’appuntamento con il cinema valorizzando an- cora di più le produzioni locali. Un altro lavoro importante sarà quello che faremo sul daytime, che fino a oggi ha contato su ottime produzioni factual internazionali, ma che ora sembrano più distanti dai nostri obiettivi di crescita. Da quando abbiamo iniziato la partita “generalista” ci siamo concentrati in primis su preserale, access e prime time. Insieme al gruppo di lavoro di Nove – Giovanni Brasca, Giulia D’Orazio, Paolo Beretta, Ilaria Di Cugno – cercheremo di dare più organicità all’intera nostra offerta e abbiamo individuato delle fasce orarie privilegiate da cui partire per ridisegnarla.

Fa tutto parte del percorso di consolidamento dell’identità di rete.
Esatto, Nove è un canale che cambia sotto i nostri occhi. Le faccio un esempio: a lungo abbiamo esitato ad abbracciare l’intrattenimento da studio, proprio perché come Discovery (prima della fusione con WarnerMedia, ndr.) la nostra cifra distintiva è sempre stata quella del factual entertainment. Ci siamo arrivati passo dopo passo e in questo percorso è stato fondamentale – e torno al discorso iniziale sui talent – la poliedricità di Gabriele Corsi, un grande giocatore della nostra squadra. Tornerà al timone di Don’t Forget The Lyrics alle 19.30, una fascia per noi importante quanto le 20.30. Inoltre, stiamo analizzando insieme a lui nuovi format. Lo vedremmo bene, per esempio, in un quiz di prime time o in people show, che possono contare sulla sua capacità di entrare in relazione empatica con i concorrenti.

Quando parla di produzioni originali e di ridurre le serate di cinema, intende dire che c’è spazio anche per la fiction?
Laura Carafoli, SVP Content Networks & Streaming Local Productions, ha recentemente dichiarato a la Repubblica che sono in sviluppo delle serialità italiane in vista del lancio di Max nel 2026. Pensate a qualche sinergia? Come ha ben detto, i piani di sviluppo sulla fiction domestica riguardano l’arrivo di Max, ma laddove ci fossero opportunità di finestre tra il mondo Svod e i canali line- ari non mancheremo di coglierle. Al momento è prematuro parlar- ne perché il 2025 sarà un anno di transizione per il nostro servizio streaming. Discovery+, che ha ora il compito di intrattenere gli abbonati che appunto confluiranno nella ricca proposta di Max. Con la piattaforma abbiamo un rapporto consolidato di interscambio di formati che dal non lineare approdano su Nove in una logica double pillar, come Il contadino cerca moglie. Nel 2025, sempre con Laura Carafoli e la responsabile del Content Development Cecilia Penati, intensificheremo la collaborazione anche sulla documentaristica, cercando produzioni italiane che abbiano le caratteristiche dei docbusters americani.

Che tempo che fa (©WBD)

Spostiamoci col telecomando. Quali sono gli obiettivi per gli altri canali lineari da lei guidati?
Parto da Dmax che, in virtù di generi peculiari come il survival, il gold, il fishing, il paranormal o la WWE commentata da Michele Posa e Luca Franchini, è oggi percepito come un punto di riferimento davvero unico per il pubblico maschile. Eleonora Mambriani e il suo team (Simone Vallana e Giulia Torchio) hanno consolidato gli ascolti e, soprattutto, aumentato ulteriormente il tempo speso dalla community sul canale. È un risultato importante perché significa che stai centrando i suoi bisogni proponendo una programmazione coerente, coesa e distintiva. L’obiettivo è continuare ad arricchire ulteriormente il palinsesto dandogli local flavor. Lo abbiamo fatto per esempio collaborando con talenti già noti come Daniele Bossari, Marco Berry, Luigi Pelazza o Barbascura X, ma anche raccontando storie meno note di lavori duri, come quelle dei taglialegna di Undercut o dei Curzel di Falegnami ad alta quota. A dicembre, con la nuova serie Videogame Hunters, si aggiungeranno gli Arcade story, un gruppo di programmatori che rintracciano sul mercato vecchi videogame per restaurarli e rivenderli. Il lavoro sulla community è centrale anche per MotorTrend, un canale ancora più verticale sui contenuti turbo. In questo caso, il lavoro di localizzazione si è recentemente focalizzato soprattutto sui content creator del web, da Davide Cironi a Nicolò Iammarino a Danny Lazzarin. In autunno arriveranno i Carmagheddon, entrati nel Guinnes dei Primati per avere costruito l’auto più bassa del mondo. Concludo questa rassegna con WarnerTv, l’ultimo arrivato nella squadra e che in breve è diventato una destination lineare per gli amanti delle serie grazie a classici come ER, Smallville, Supernatural, chicche pregiate per la prima tv free come 30 Coins e Titans, ma anche a quei titoli (uno su tutti, Alcatraz di J.J.Abrams) che per valore produttivo e narrativo soddisfano l’appetito degli appassionati. Abbiamo chiuso la stagione con lo 0,4% nelle 24 ore, un segnale importante anche per gli investitori.

Non posso non chiederle un commento circa le recenti dichiarazioni di Pier Silvio Berlusconi, ad di MFE, che ha definito la vostra strategia, in particolare sulla tv generalista, una tv che «guarda indietro».
Credo che ciascun broadcaster italiano in questo momento si trovi ad avere a che fare con un dato oggettivo, l’invecchiamento del pubblico sul lineare, e non a caso Mediaset stessa ha rilanciato La ruota della fortuna. Detto questo, l’età media del pubblico televisivo è di 62 anni, ma su Nove è sotto i 58 e il portfolio WBD ha in generale un posizionamento più giovane: questo è dovuto all’attenzione che tutti noi abbiamo posto alla modernità dei linguaggi e ai generi inediti. Anche su Nove, per esempio, abbiamo lavorato sulla memoria del nostro pubblico adulto, quella musicale e quella degli oggetti, ma lo abbiamo fatto con due programmi completamente nuovi, Don’t Forget the Lyrics e Cash or Trash. Quindi, quando parliamo di innovazione di prodotto, ci sembra di avere lavorato con lo sguardo rivolto, se non al futuro, almeno (come dice spesso anche Fazio) alla contemporaneità.

L’articolo completo è stato pubblicato su Tivù di luglio/agosto  2024, scarica il numero o abbonati qui 

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