L’editoriale del numero di GIUGNO 2024 di Tivù
Non sono pochi gli addetti ai lavori che, guardando con perplessità L’acchiappatalenti su Rai1, si sono chiesti quali siano le ragioni del suo mancato successo. Anche perché all’apparenza presenta tutti gli elementi per funzionare: in effetti, di fatto, è un bignami di vari programmi messi insieme, solo che in televisione (e non solo in televisione), e al contrario di quanto affermava il grande Totò, “non è la somma a fare il totale”. Come dire? Non è che, se metti insieme vari elementi che hanno dimostrato di funzionare altrove singolarmente, è certo che daranno un buon risultato… Il che, non stiamo dicendo nulla di nuovo, è la ricetta di ogni buon piatto: pochi ingredienti di qualità, cucinati con cura e maestria, e sempre nelle giuste dosi. Quindi, è una mera questione di sensibilità e intuito. Tutto questo per interrogarsi sulla nuova frontiera dell’IA applicata all’audiovisivo, che appare sempre più vicina e che, consentendo di elaborare una stratosferica quantità di dati e statistiche, prospetta iperboliche applicazioni (cfr. pag. 60). Ma basterà avere un’enorme capacità di processare informazioni a partorire contenuti che rispondano empaticamente alle esigenze del pubblico e avere programmi di successo? La domanda è quanto mai legittima, dal momento che ormai tutti gli streamer, e non solo, stanno già utilizzando questi parametri di ponderazione per valutare i progetti da produrre o da scartare. Eppure, da quel che è dato comprendere, l’IA attualmente disponibile amplificherà il ricorso alla sensibilità e all’intuito di chi dovrà alla fine operare delle scelte di produzione e di programmazione. Perché l’IA non deve scegliere, bensì agevolare dei processi, come creare storyboard, supportare nelle decisioni di casting; l’IA può essere utilizzata per ridurre i costi di produzione, migliorare la qualità grafica e visiva dei contenuti al fine di offrire esperienze più personalizzate agli spettatori, analizzando le loro attività e i commenti sui social media in modo da profilare meglio l’offerta e le segnalazioni dei programmi. E come è ovvio che sia, i software IA possono generare sceneggiature per serie e film oppure costruire strutture di format analizzando le griglie dei contenuti esistenti. Chi pensa che certi accordi conclusi a tavolino dai rappresentanti delle varie categorie delle industrie creative impediranno alla lunga questo tipo di impiego, si illude: è solo questione di tempo e di tempi. Perché l’IA non è solo un fatto televisivo, bensì omnisettoriale, come il digitale. Utilizzare l’IA presto non sarà una scelta ma una conditio sine qua non per poter essere concorrenziali anche nei confronti di quelle piattaforme social con cui la tv compete per attirare l’attenzione del pubblico; piattaforme che non disdegneranno di certo di utilizzare l’IA per ottimizzare e produrre i propri contenuti. In definitiva, la differenza, l’unico – e significativo – discrimine sarà tra chi saprà utilizzare questa nuova tecnologia con sensibilità, empatia ed estrema competenza, e chi affiderà le sorti dell’impresa creativa a una tecnologia che ha sì enormi capacità di esecuzione, ma di fatto introduce in questa fase zero elementi di innovazione.
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