Scritto, diretto e interpretato dall’intelligenza artificiale

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Ampere Analysis ha analizzato quanto e come l’intelligenza artificiale si sia insinuata ormai in tutta la catena del valore dell’industria, quali sono i tool a disposizione e le implicazioni per i professionisti “umani”

«Penso che entro cinque anni sarà possibile realizzare un intero film – dallo script alla produzione fino agli effettivi visivi – da una camera da letto». Con queste parole Guy Bisson, Executive Director di Ampere Analysis, ha concluso il webinar AI in the TV and movie creation and value chain, una approfondita disanima del ruolo dell’intelligenza artificiale (IA) nell’industria audiovisiva. «Quando ho iniziato a lavorare su questo progetto, circa sei mesi fa, ero abbastanza scettico sull’impatto dell’IA», ha dichiarato. Lo scetticismo di Bisson ha molto a che fare con la storia tecnologica dell’audiovisivo, laddove è capitato di assistere ad annunci di novità definite “rivoluzionarie” e che, invece, si sono rivelate, sostanzialmente, solo “chiacchiere”. A far cambiare idea a Bisson e ai ricercatori di Ampere Analysis sul ruolo dell’IA è quanto ricostruito nel webinar, ovvero come questa tecnologia si sia ormai insinuata in tutte le fasi del processo produttivo dell’industria audiovisiva. 

(FANTA)SCIENZA VS REALTÀ

«È importante ricordare che esistono più tipi di intelligenza artificiale», ricorda Bisson. Se la “vera” IA – ovvero una macchina «genuinamente» dotata di intelligenza (come SkyNet di Terminator) – per il momento è ancora lontana, a oggi l’industria sfrutta due tipi di IA, la generativa, capace di generare nuovi contenuti sulla base di dati esistenti (la ben nota ChatGPT) e quella discriminativa, che applica nuovi dati su pattern esistenti verificandone l’applicazione. Un esempio è Script Analysis che valuta se una sceneggiatura possa o meno essere adatta a un’audience specifica. «Il linguaggio di IA è una serie interconnessa di tecnologie e concetti», ricorda Bisson, ed è proprio questa sua capacità di connettere a far sì che essa possa agire in ogni fase della catena del valore.

CREARE CON L’IA

Tool di intelligenza artificiale possono già essere sfruttati nelle prime fasi del processo creativo di un prodotto cinematografico o televisivo, dalla concezione dell’idea al pitch, fino alla stesura della sceneggiatura e al suo sviluppo. Esempi di quanto il mercato metta già a disposizione sono Google Gemini, Largo e Scriptbook. L’IA interviene anche nella fase di revisione, come fa AI Canto, tool ancora in sviluppo che permette di analizzare e rifinire idee. La particolarità è che la revisione viene fatta da punti di vista diversi, ovvero creando delle personas digitali in grado di analizzare il testo da particolari prospettive, come un manager particolarmente critico, un esperto di gaming o un executive particolarmente interessato alla prospettiva GenZ. Si arriva dunque alla fase di sviluppo e finanziamento e, anche in questo caso, i tool a disposizione sono molteplici, capaci di intervenire e supportare la fase organizzativa, la creazione dei contratti e la preproduzione.

PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE

Veniamo alla fase di produzione e post-produzione, ambiti nei quali l’uso dell’intelligenza artificiale è più noto, non fosse altro perché qui si possono vederne concretamente gli usi. «La produzione è essenzialmente un costrutto di video e suono», dicono i ricercatori. L’IA, infatti, interviene per catturare e generare forme di audio e video. La piattaforma forse più nota è Sora, il tool di generazione video di OpenAI (ChatGPT), capace di generare un intero video in Hd a partire da un input testuale, con notevoli implicazioni per il montaggio e gli effetti speciali. Arriviamo dunque alla fase di distribuzione e a tutti quegli aspetti relativi alla gestione e vendita del prodotto audiovisivo e alla sua localizzazione. Rientrano in questa fase e gli algoritmi di content reccomandation e discovery, solitamente tool di proprietà dei singoli operatori. Ma è anche la fase in cui l’IA mostra la capacità di ottimizzazione dei costi, permettendo per esempio di creare in maniera veloce ed economica sottotitoli per i diversi Paesi. C’è poi tutto il mondo della post-produzione e del product placement, dove intervengono sistemi come Ryff, che consente l’inserimento digitale di prodotti e brand all’interno del materiale girato esistente, fino a customizzarli sulla base di target e altri parametri.

LA QUESTIONE MORALE

La tecnologia interviene anche nella fase legale e contrattuale, coadiuvando i professionisti nella costruzione di bozze e revisione dei contratti. Le questioni legali da considerare sono però molteplici e vanno dal ruolo del copyright nell’addestramento dell’IA, la proprietà delle IP e dei contenuti generati, la validità e affidabilità degli stessi (ovvero, chi è responsabile legalmente degli errori commessi dall’IA), e possibili bias e problemi di rappresentatività con cui l’IA viene istruita e quindi inserisce “naturalmente” nei suoi processi, per non parlare di temi quali la privacy e la protezione dei dati. Nonostante i molteplici strumenti e uso a vantaggio di chi lavora, e nonostante i tech-enthusiast, la tecnologia ha ancora delle zone oscure e non è chiaro come intervenire. Si conclude infatti così il rapporto di Ampere Analysis: «L’uso dell’IA nell’industria cinematografica e media – in aree che vanno dalla creazione di contenuti fino agli algoritmi di raccomandazione e tecnologia deepfake – presenta varie implicazioni legali che cineasti, produttori e creatori di contenuti dovrebbero considerare. La preoccupazione centrale è la questione del copyright e, fondamentalmente, quale posizione occupino all’interno dello spettro legale i contenuti prodotti dall’uomo, assistiti dall’IA o completamente generati dall’IA». Servirà un algoritmo per rispondere?

L’articolo completo è stato pubblicato su Tivù di giugno 2024, scarica il numero o abbonati qui

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