Sardegna Festival mette al centro le urgenze dell’audiovisivo

Tra i relatori del convegno, Paolo Del Brocco, Nicola Borrelli, Daniel Frigo, Mario Lorini, Chiara Sbarigia e Roberto Stabile

Si è svolto oggi al Filming Italy Sardegna Festival (9-12 giugno, Forte Village – Cagliari), di cui Duesse Communication è media partner con le riviste Box Office, Tivù e Best Movie, il convegno dal titolo “Opere audiovisive senza frontiere, da uno schermo all’altro, da un Paese all’altro” con moltissimi relatori del mondo audiovisivo, tra cui Paolo Del Brocco, Nicola Borrelli, Daniel Frigo, Mario Lorini, Chiara Sbarigia e Roberto Stabile. Di seguito tutti gli interventi del convegno moderato da Simone Gialdini (direttore generale Anec):

Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema:
«Il cinema italiano è di fronte a un bivio. Abbiamo una situazione produttiva in Italia meravigliosa grazie alla legge cinema che ha immesso enormi risorse per l’audiovisivo. Quindi non c’è un problema di economia del sistema produttivo. Il vero problema è il cinema italiano (non la fiction, le serie o le piattaforme) e qui c’è un tema di selezione. Dovremmo fare solo 10-20 film italiani ad altissimo budget come Freaks Out e Diabolik? È giusto prendere questa strada? Si potrebbe fare. A quel punto, però, verrebbe meno la ricerca di giovani autori e la crescita di società di produzione ancora in fase di sviluppo. E ragionando così non avremmo mai trovato grandi autori come Garrone e Sorrentino. Poi c’è il grande tema della finestra theatrical e qui anche il Ministero ha una grande responsabilità verso l’interesse generale del settore cinematografico. Se poi verrà a mancare la certezza di un tax credit di distribuzione sul lungo termine, sicuramente i film non potranno uscire. Questa è forse l’urgenza maggiore in questo momento storico. Anche perché abbiamo davanti a noi un autunno delicatissimo con l’uscita di molti film italiani importanti e sarà fondamentale riportare il pubblico in sala».

Nicola Borrelli, direttore della Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura:
«Per una volta lo Stato italiano ha dato un sostegno forte al settore cinematografico, riducendo l’impatto della pandemia e delineando prospettive di sviluppo. Sulla base di questo sostegno oggi osserviamo un comparto produttivo molto ricco, fiorente e vario che dà grandi soddisfazione. Ma accanto a questo vediamo una grande sofferenza delle sale cinematografiche e della distribuzione in sala.
Non mi sembra, però, di vedere chi si interroga seriamente sul perché di questo trend. Perché gli italiani vanno meno al cinema? È stato fatto uno studio scientifico su quanto accaduto? Oggi posso dire che questo studio sarà fatto dalla società SWG e inizierà settimana prossima. Prima della pandemia la metà della popolazione non andava mai al cinema e un altro quarto non andava più di una o due volte all’anno. Ovviamente dopo la pandemia questi numeri sono peggiorati». E continua: «Allo stesso modo è necessaria una certa freddezza sul tema delle window. Servono dati oggettivi su cui basare interventi di regolamentazione, non si può costruire su basi emotive».

Daniel Frigo, Country Manager di The Walt Disney Company Italia:
«Nel 1938 Disney ha aperto in Italia la sua prima filiale internazionale fuori dall’America e Walt Disney veniva ogni due anni in Italia con suo fratello. Perché? Perché l’Italia è un Paese in cui c’è un grandissimo movimento creativo. Lo stesso Bob Iger veniva sempre in Italia in estate perché amava l’Italia, e non solo per il cibo, ma per la storia d’arte. Io sono venuto in Italia nel 2004 quando Wes Anderson stava girando un film a Cinecittà. Disney ha sempre avuto grande amore per l’Italia. Basti pensare a nostre recenti produzioni come La Sirenetta girato in Sardegna, o Luca ambientato in Liguria. Poi dobbiamo porre grande attenzione ai consumatori più giovani, che ormai hanno abbandonato la tivù lineare (esclusi i grandi eventi) per abbracciare le OTT. Come industria dobbiamo capire come seguire il consumatore».

Lucia Borgonzoni, sottosegretario di Stato per la cultura e senatrice:
«In questi ultimi anni si è registrato un incremento altissimo di contenuti audiovisivi e un boom di documentari rispetto agli anni passati. Certo, le sale cinematografiche stanno ancora soffrendo per tante ragioni, non ultimo l’obbligo delle ffp2 fino al 15 giugno. Il MiC sta cercando di ridisegnare il cinema del presente e del futuro, affrontando tutte le nuove sfide post-pandemia. Ad esempio, il Ministero lancerà una campagna per incentivare il ritorno degli spettatori in sala e dovrebbe partire già settimana prossima».

Mario Lorini, presidente Anec:
«Non possiamo prescindere da pensare al rinnovamento della sala cinematografica e agli investimenti necessari. Interventi che molte sale hanno già terminato o appena avviato. Importante anche il nuovo laboratorio Anec Lab volto alla formazione dei gestori delle sale sul fronte della comunicazione».

Roberto Stabile, responsabile progetti speciali per MIC – Cinecittà:
«Mi occupo della promozione del cinema italiano nel mondo e questo è un grande privilegio. Nei principali mercati e festival internazionali c’è una grandissima richiesta del nostro prodotto ed è un piacere farlo per la Direzione Generale Cinema all’interno di cinecittà. Cinecittà è infatti il braccio armato della promozione del cinema nel mondo. Supportiamo anche i distributori stranieri che comprano i film e li portano nei loro territori».

Maria Pia Ammirati, direttore di Rai Fiction:
«Quanto budget possiamo dedicare di volta in volta per rispondere all’esplosione di richiesta di contenuti audiovisivi? Oggi sicuramente la serialità guarda molto al cinema con prodotti di alta qualità, ma questo richiede budget sempre più alti e noi broadcaster pubblici ne abbiamo sempre meno. E questi problemi di liquidità e capacità di investimento non sono solo in Italia ma in tutta Europa, basti pensare alle difficoltà economiche in cui verte la BBC. Spesso, infatti, siamo frenati dal budget ma anche da una distribuzione sempre più variegata e le piattaforme digitali ci sottraggono spazio. Solo tre anni fa la platea televisiva era di 27-28 milioni, mentre ora è attorno ai 24 milioni. Abbiamo sempre meno pubblico e dobbiamo lavorare per trovare la giusta sintesi tra mainstream e prodotto di qualità».

Chiara Sbarigia, presidente di Cinecittà:
«In questo quinquennio coperto dal PNRR abbiamo avviato un importante piano di rilancio in cui restaureremo gli studi esistenti e costruiremo nuovi studi interni e nel nuovo terreno di cui stiamo finalizzando l’acquisizione con Cassa Depositi e Prestiti. Inoltre, spingeremo molto sull’innovazione tecnologica e siamo largamente impegnati sul fronte dell’educazione. Ad esempio abbiamo siglato un accordo con il Centro Sperimentale di Cinematografia, dove abbiamo individuato figure professionali mancanti nell’ottica di rinnovare il capitale umano».

Marta Donzelli, presidente Fondazione del Centro Sperimentale di Cinematografia:
«Stiamo lavorando con Cinecittà a progetti dedicati alla formazione, anche alla luce dell’espansione dei volumi produttivi che apre nuove opportunità professionali per i nostri studenti. Stiamo poi lavorando a un ampliamento dei percorsi formativi, con un’attenzione particolare a nuove figure, come il corso per gli effetti speciali e per la conservazione».

Piera Detassis, presidente e direttrice artistica dell’Accademia del Cinema Italiano – Premi David di Donatello:
«Oggi dobbiamo chiederci: qual è la qualità di un prodotto per la sala? Come sono cambiate le abitudini dello spettatore? Va studiato come la pandemia e i nuovi player abbiano cambiato i sistemi di interesse. E penso che la sala abbia necessità di una qualità specifica di film realizzati con budget importanti e ambizioni autoriali. Anche l’ambizione internazionale è essenziale».

Giancarlo Leone, presidente Apa:
«C’è grande interesse internazionale verso il prodotto italiano. I produttori indipendenti hanno stretto accordi importanti che hanno triplicato la nostra presenza all’estero sia attraverso piattaforme streaming sia in termini di distribuzione. Poi la qualità dei nostri prodotti è sempre più allineata con quella dei prodotti internazionali. Ora resta il problema della libertà di circolazione del prodotto, di garantire spazi esclusivi. Più si va avanti e più i modelli di fruizione hanno portato a un aggiornamento dei vecchi modelli. Quindi il problema della protezione di un prodotto dal momento in cui viene confezionato e poi fruito, oggi è più complesso del passato. Il problema è come far sì che tutto questo porti vantaggi all’intera filiera. Personalmente ritengo che più il mercato è libero e senza regole, e più sarà in grado di raggiungere la maturità. Il mio augurio è che su questo punto si trovi un accordo a livello industriale e politico».

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