Qual è la sua personale visione del ruolo (di regista)?
Per me il regista resta il perno di un programma. Non a caso, a The Voice io sono anche il capoprogetto. Prima prendo decisioni a livello contenutistico e poi metto in scena ciò che ho deciso.
Il suo lavoro è cambiato?
La tecnologia ha cambiato e stravolto tutto. Antonello Falqui aveva sette camere, adesso ne abbiamo 21. In compenso, si sono ridotti i giorni di prove. Quindici anni fa, se ne facevano anche quattro giorni, adesso, a dir tanto, si prova per uno o due giorni. È un problema di budget, ma anche di conoscenza del mezzo. Per scrivere dei buoni prodotti, ci vuole tempo. Per fortuna che poi subentra l’esperienza che ti dà la capacità di improvvisare in diretta, anche in presenza solo di un canovaccio. […]
Il reality è in crisi, qual è il suo vissuto con questo genere?
Ho diretto il Grande fratello dal 2009 al 2015 e il Grande fratello Vip per due edizioni. Avevo fino a 130 telecamere, mi sono divertito. Le vere difficoltà si incontrano sul piano autoriale. I concorrenti erano cresciuti con questi programmi e sapevano che cosa aspettarsi. Una volta uno disse: «Me sa che me mandano mi madre». Era una lotta fra gli autori e i concorrenti e forse questo è uno dei motivi della crisi di questo genere. […]
C’è ancora spazio per l’imprevisto?
A The Voice Senior mettiamo insieme gli ingredienti, ma non sempre il piatto riesce come vorremmo: le sorprese sono sempre in agguato.
Dove va l’intrattenimento?
Negli anni Novanta c’era spazio solo per programmi emotainment, dove a intrattenere erano i sentimenti, pensiamo a Carràmba! Che sorpresa. Poi sono arrivati i reality. Adesso c’è solo la musica. Ora l’impressione è che il ciclo della musica stia per finire: ci sono troppi programmi, tanto che adesso The Voice sta sempre più diventando un people show, dove più delle canzoni contano le storie dei concorrenti. […]
Un consiglio per i più giovani?
Leggere, andare alle mostre, essere curiosi. Se devi produrre immagini, devi nutrirti di contenuti di qualità. E mai prendersi troppo sul serio. (di Lucia Tilde Ingrosso)
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