Se in un primo momento Antonio Di Pietro aveva accolto la decisione di Bersani di affidare le candidature Pd per il cda Rai alla società civile («la politica deve restare fuori dalle nomine del Cda Rai [..] Ciò premesso, di fronte alla forca caudina e al ricatto di dover mantenere l’attuale Cda o peggio che questo venga nominato dai soliti noti, meglio scegliere il male minore. Questo è rappresentato dalla proposta di Bersani»), oggi il leader dell’Italia dei valori denuncia la lottizzazione e la spartizione della Rai, «con l’aggravante della copertura della società civile». Quest’ultima, secondo Di Pietro, sarebbe stata usata come paravento. Nulla da eccepire sui nominativi individuati (Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo), bensì sul metodo, fuori da una regolare competizione. E mentre il presidente della Commissione di Vigilanza, Sergio Zavoli, dichiara che la politica ha avviato un nuovo modo di concepire il rapporto con la Rai, Di Pietro chiede che prima del voto (slittato da giovedì 21 a martedì 26 giugno) venga stabilita una griglia di criteri che consentano un esame e una selezione delle candidature (272 i curricula presentati). Oggi pomeriggio, infine, si conoscerà la posizione della Lega Nord su un’eventuale indicazione del proprio candidato.
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