MIA, la fine della peak tv vista da Ampere Analysis

Le opportunità per la produzione internazionale nel nuovo scenario del mercato audiovisivo, il ritorno al licensing e la sfida della pubblicità degli streamer. Dal MIA Ampere Analysis spiega come “navigare nell’incertezza”
Guy Bisson (Ampere Analysis) nel corso del suo intervento al MIA 2024: Navigating uncertainty: the key scripted content trends you need to know to survive

È la fine della peak tv e dobbiamo ormai farcene una ragione. Gli ultimi cinque anni del mercato audiovisivo globale sono stati “eccezionali” per diversi fattori, dalla pandemia alla progressiva riduzione degli investimenti in contenuti da parte degli streamer fino agli scioperi di Hollywood (sceneggiatori e attori) che hanno di conseguenza ridotto in maniera significativa le commissioni. Questo è il contesto per analizzare il mercato attuale e cercare di individuare alcuni indizi di crescita: lo ha spiegato Guy Bisson, Executive Director e co-fondatore di Ampere Analysis, nel corso del suo intervento Navigating uncertainty: the key scripted content trends you need to know to survive in occasione della prima giornata del MIA – Mercato internazionale audiovisivo. “Siamo di fronte a una recessione tipica dei media, come avvenuto negli anni 2000 dopo la bolla delle dot-com, ma anche questa volta ci sono delle ragioni per provare a essere ottimisti”.

PRODUZIONE STABILE FINO AL 2029 
“La nuova realtà è che la spesa globale in contenuti non tornerà ai livelli di un tempo”, spiega Bisson. Se tra il 2012 e il 2022 la spesa in contenuti è cresciuta a un tasso di crescita annuo (CAGR) del 6%, la previsione da qui al 2029 è di un CAGR pari a un +0,2%. Si produce, dunque, ma cosa? Sicuramente meno titoli sci-fi, action o d’avventura, troppo costosi, così come i contenuti a target kids, per i quali si predilige il licensing. Per la stessa ragione, si preferiscono contenuti che possano essere rinnovabili, e quindi prolungabili per più stagioni: strategia che riflette la nuova fase del mercato streaming, che mette al primo posto la necessità di trattenere gli abbonati invece di acquisirne di nuovi. Ragione che sta dietro anche, come è noto, al passaggio a offerte con pubblicità: tanto che Ampere Analysis stima che la pubblicità può aumentare i ricavi degli streamer di un 20% rispetto ai soli ricavi da abbonamento.

LA SFIDA PER LA PRODUZIONE EUROPEA 
Trend simile in Europa occidentale, dove la recessione ha colpito circa un anno più tardi rispetto al mercato Usa. Anche qui, però, si possono trovare barlumi di ottimismo: non ci sono solo gli streamer, anche i broadcaster stano recuperando la spesa in contenuti. Cresce, in particolare, la produzione crime, grazie in particolare ai servizi pubblici. Un’altra buona notizia è l’internazionalizzazione e la globalizzazione della produzione scripted, che vede Europa e Asia in primo piano. C’è però un risvolto della medaglia. Si torna a produrre, sì, ma adottando una rete di sicurezza che consiste nel linguaggio: si torna alle produzioni in inglese e spagnolo, lingue che garantiscono da sempre l’esportabilità dei prodotti.

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