MIA 2024: per un audiovisivo socialmente sostenibile

Dalla sostenibilità ambientale a quella sociale: perché “stare bene” è economicamente produttivo. Dal panel Green Film: verso un’industria più socialmente sostenibile e produttiva
Il panel Green Film: verso un’industria più socialmente sostenibile e produttiva al MIA 2024

Ridurre non solo l’impatto ambientale, ma anche valorizzare il benessere psicofisico dei lavoratori è il nuovo e importante obiettivo che l’industria audiovisiva italiana deve porsi. Non è un caso che il MIA 2024 abbia dedicato al tema due panel: Wellbeing in Productions: From Script to Screen (lunedì 14 ottobre) e Green Film: verso un’industria più socialmente sostenibile e produttiva (giovedì 16 ottobre). Proprio nel corso di quest’ultimo sono emerse prima di tutto le difficoltà di far passare un concetto che, se adottato, può dare nuovi impulsi proprio all’economia del settore. “Il percorso della sostenibilità sociale nell’industria audiovisiva in Italia appare simile a quello vissuto dalla sostenibilità ambientale qualche anno fa: un tema considerato astratto dal settore astratto, ma che è pian piano stato “digerito” tanto da permettere un cambiamento di approccio da parte degli addetti. Oggi si parla ancora poco di sostenibilità sociale, ma essa permette un lavoro di maggiore qualità e competitività”, ha spiegato Luca Ferrario, Director, Trentino Film Commission/Green Film, la certificazione di sostenibilità che proprio recentemente è stata aggiornata (ricordiamo inoltre che la sostenibilità ambientale rientra tra i parametri premianti per il tax credit).

IL BENESSERE MENTALE NELL’AUDIOVISIVO IN TRE PUNTI 
“Quando si parla di sostenibilità sociale, e in questo caso mentale, dobbiamo prendere in considerazione il fatto che lavoriamo in un settore caratterizzato da orari lunghissimi e stressanti”, ricorda Valeria Bullo, Film & TV Wellbeing & Inclusion Consultant. Ridurre il sovraccarico mentale, anche e non soltanto per i lavoratori più fragili, non va considerato un di più, quanto una strategia di valorizzazione dell’industria a lungo periodo anche in termini reputazionali (e quindi di capacità di attrarre talenti). Il lavoro di sostenibilità sociale parte da tre pilastri:

  1. Persone, e quindi rapporto lavorativi, cultura lavorativa, leadership. Un ambiente deve essere sicuro in senso fisico e psicologico.
  2. Contenuti, e dunque pensare a come sostenere i lavoratori che lavorano con contenuti potenzialmente traumatizzanti
  3. Lavoro, e quindi pensare a valutazioni del rischio (“risk assessment”), per capire se nella produzione possono esserci tematiche problematici (spiegare, per esempio, “come comportansi nel caso un collega abbia un attacco di panico, ferma restando la necessità di specialisti”)

Non si tratta, è bene ricordarlo, di imporre alle aziende un radicale cambio di rotta (soprattutto nelle più piccole e abituate alla regola del “si è sempre fatto così” o a quelle votate all’efficienza a tutti i costi), quanto di procedere per micro-interventi, anche a costo zero, che piano piano introducano cambiamenti nel contesto. Ancora Bullo: “un esempio è l’adozione di policy su come comportarsi in un ambiente lavorativo ostile, situazioni di mobbing. E, ancora, condividere i valori di una produzione con cast & crew”. Un altro esempio è l’uso di trigger warning (avviso di contenuti potenzialmente traumatizzanti) per “preparare” professionisti come montatori o fonici che si trovano a dover lavorare a scene particolarmente difficili (per esempio documentari true crime, dove per forza si assiste a scene di violenza, fisica o psicologica).

LA SOSTENIBILITÀ CONVIENE 
Sostenibilità sociale è, di fatto, la “S” delle politiche ESG, il principio di investimenti responsabili in termini ambientali, sociali e di governance. “È anche un discorso di “convenienza”, sottolinea Fabiana Cumia, ESG Director di Rakuten TV Europe e board Member di WIFTMI (Women in Film Television Media Italia), associazione che ha messo a disposizione della Industry la “Carta di comportamento etico per settore audiovisivo (ne ha parlato a Tivù la presidente Domizia De Rosa). “La sostenibilità porta alle aziende elementi di competitività anche favorendo i diritti delle persone. Per quanto sembri controintuitivo, l’inclusione porta ricchezza. Sarebbe opportuno pensare a meccanismi di premialità, agevolazioni fiscali, che agevolino la visibilità di opere e sistemi sostenibili”

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