Dopo aver visto la serie si comprendono meglio le parole di Stefano Bises che ha raccontato come, per interpretare Mussolini, lei sia stato “maltrattato” fisicamente ed emotivamente. Qual è stata la molla personale che l’ha spinta a dare corpo e voce a uno degli atti di accusa contro il fascismo e Mussolini più feroci che la televisione e il cinema italiano abbiano mai annoverato?
All’inizio ero spaventato, e molto preoccupato all’idea di dover interpretare un personaggio così negativo e dal risvolto tanto criminale. Più di una volta mi sono sentito inadatto, non la persona giusta per farlo. Credo però che via via sia cresciuta sempre di più la voglia, da antifascista, di potermi assumere la mia parte, anche se minima, di responsabilità nel voler raccontare questa vicenda così oscura e disperata della nostra storia. Poter lavorare poi al fianco di un artista di alto livello come Joe Wright mi ha dato forza, così come è stato cruciale potermi muovere attraverso le parole della coraggiosa e intelligente sceneggiatura di Stefano Bises e Davide Serino. In ne, sapere di poter contare su una struttura di fatti e accadimenti accuratamente storica come il meraviglioso libro di Antonio Scurati, ha fatto il resto. Alla fine, tutto l’insieme mi ha fatto sentire di avere le spalle coperte.
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Pensa che la scelta stilistica di far parlare Mussolini direttamente in camera, con la platea, l’abbia aiutata a entrare nella parte o le ha reso più complicato il lavoro?
Credo che mi abbia aiutato, permettendomi il gioco dei piani multipli che portiamo in questa serie; mi sono sentito molto trasportato nel presente nel momento in cui dovevo rivolgermi in maniera diretta al pubblico. Mi faceva pensare alle modalità espressive della nostra attuale classe politica, che oramai pervade anche gli spazi privati delle persone, parlando a quattrocchi dai loro dispositivi mobili. Li vedo entrare nelle case e rivolgersi, senza scrupoli, al “loro pubblico”. Questo mi ha guidato in quei momenti, tentavo di tirarne fuori tutta l’esagerazione e il patetico a cui ci fanno, quasi quotidianamente, assistere.
Dopo averlo interpretato, dopo aver vestito a lungo i suoi panni, cosa ha compreso di Mussolini che non aveva capito neanche leggendo i libri di Scurati?
Non ho una risposta certa a questa domanda, ma sicuramente mi si sono confermati molti punti che già avevo chiari in mente; come il fatto che fosse un criminale e che si fosse trovato sempre di fronte alla possibilità di poter operare una scelta e a come avesse sempre deciso di puntare – con lucida razionalità e disarmante brama di potere – su quella che avrebbe condotto inesorabilmente il Paese, e buona parte del mondo, verso una terribile disfatta. I libri di Antonio sono molto istruttivi in tal senso, alle volte si rimane sbalorditi. Spero che questa serie possa produrre lo stesso effetto. A volte le vicende che raccontiamo sono così paradossali da sembrare frutto di una fantasia votata all’intrattenimento, ma – purtroppo – coincidono con la cruda verità storica.
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Il libro di Scurati è un fenomeno letterario tradotto in 40 Paesi, mentre una serie è un fenomeno popolare, alla portata di tutti, anche se questa potrebbe non essere una serie per tutti. Scrivendola e interpretandola avete pensato al tipo di pubblico che la vedrà e a cosa volevate generare nella platea? A chi pensate di parlare?
Sono convinto che questa serie parli a tutti. Sarebbe bello poter mettere le persone di fronte ai fatti compiuti, per far capire loro cosa è realmente successo: condurle nel passato ma facendo sentire forte l’odore del presente, per far intuire i parallelismi con il periodo che stiamo vivendo. Amerei vedere persone stimolate nell’animo e nell’intelletto, che capiscano quanto sia importante la conoscenza, avere questa forte spinta a sapere e a non farsi imporre pensieri che non siano i propri: avere gli strumenti per analizzare il mondo per quello che realmente è, e capire che le vie della violenza, della prevaricazione e dell’odio, conducono a mete inutili e fortemente dolorose per tutti.
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C’è una battuta, un aspetto del suo personaggio che meglio di altri ne riassume o ne suggella la vicenda umana e politica?
Il suo spregiudicato modo di giustificare l’uso della violenza mi ha ripetutamente fatto accapponare la pelle. Ed ogni discorso – che invito ad ascoltare con precisione perché riproduzioni letterali degli originali, che ho dovuto tenere sul set della nostra ricostruzione del Parlamento – mi ha davvero disturbato. Ma devo ammettere che in generale il contatto in sé, anche se di finzione, con questa figura ha rappresentato davvero una dura esperienza. Anche se è un’esperienza che ha contribuito a rendermi ancora più orgoglioso della cultura e dell’impegno antifascista con i quali sono stato cresciuto.
M – Il figlio del secolo è tratto dall’omonimo libro di Antonio Scurati (vincitore del premio Strega); è una produzione Sky Studios e Lorenzo Mieli per The Apartment (Fremantle), in co-produzione con Pathé, in associazione con Small Forward Productions, in collaborazione con Fremantle, Cinecittà. La sceneggiatura è di Stefano Bises e Davide Serino (con Scurati che firma il soggetto di serie e di puntata), la regia di Joe Wright (L’ora più buia, Black Mirror,Espiazione).
L’intervista completa a Luca Marinelli è disponibile sul numero di dicembre 2024 di Tivù
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