La tutela della libertà di espressione, garantita dal primo emendamento, al primo posto. È questa l’opinione della Corte d’appello del secondo distretto di Manhattan, negli Stati Uniti, che ha accolto il ricorso contro i regolamenti federali del 2004 che impedivano di pronunciare in tv o alla radio espressioni considerate indecenti. «Proibire ogni tipo di riferimento chiaramente offensivo» -si legge in una nota del Tribunale- «significa ridurre la possibilità di esprimersi, perché in conduttori non hanno idea di cosa può essere permesso o meno». La rigida applicazione di norme, che obbligano radio e tv americane a coprire con dei “bip” di censura le parole “sconvenienti” pronunciate a microfoni aperti, come anche a giornali e tabloid costretti ad adoperare i puntini di sospensione, non trova più ragion d’essere. Dure le reazioni da parte del Parent Television Council, gruppo di orientamento conservatore che si batte per “leggi più severe contro l’indecenza in tv” (così recita il suo slogan) e secondo il quale la decisione della Corte d’appello è sbagliata perché rischia di sovraccaricare di volgarità le trasmissioni televisive. Il presidente del gruppo, Timothy Winter, ha già annunciato un suo contro-appello.
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