Si susseguono le voci secondo cui Disney e Hearst starebbero per vendere A+E Global Media, gruppo americano noto per canali come A&E Network. La decisione riflette le profonde trasformazioni del mercato televisivo statunitense e la necessità dei grandi gruppi di ricalibrare il portafoglio di asset lineari e digitali.
Anche se la società non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito, secondo le indiscrezioni riportate dalla stampa internazionale, Disney e Hearst avrebbero incaricato la banca d’investimento Wells Fargo di esplorare una potenziale vendita, che potrebbe riguardare l’intero perimetro di A+E Global Media oppure singole divisioni. L’operazione è nelle fasi preliminari: non esiste al momento alcuna garanzia che si traduca in una cessione formale.
Si dice che i due azionisti (ciascuno detiene il 50%) vogliano “testare il mercato” e valutare anche scenari alternativi, come fusioni o alleanze strategiche con altre media company. La portata globale dei brand – A+E è presente in oltre 200 Paesi, con oltre 60 canali FAST e numerosi hub digitali – rappresenta un potenziale interesse per investitori internazionali, fondi di private equity o competitor diretti.
A+E Global Media – precedentemente noto come A+E Networks – è stato ribattezzato all’inizio del 2025 per sottolineare la sua natura internazionale e multipiattaforma. Il gruppo è oggi composto da: A&E Network, History, Lifetime, FYI (canali lineari); A+E Studios e A+E Factual Studios (produzione); 60 canali FAST (streaming lineare gratuito); piattaforme digitali come A&E Crime Central, History Vault e Lifetime Movie Club; partecipazioni in Range Media Partners e Propagate Content, due società di produzione e talent management.
Secondo analisti intervistati da The Hollywood Reporter, fra i potenziali compratori potrebbero esserci fondi come Apollo Global Management o Blackstone, che negli ultimi anni hanno investito in contenuti premium e reti via cavo. Alcune ipotesi citano anche società di streaming con ambizioni FAST – come Roku, Pluto TV (Paramount) o Freevee (Amazon) – ma il prezzo e la complessità dei contratti di distribuzione potrebbero scoraggiare operatori puramente digitali.
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